Eliezer Wiesel. La notte.
Eliezer Wiesel (Szighet, 30 settembre 1928) fu deportato nel 1944 nel campo vicino di Auschwitz III-Monowitz, un sottocampo dove i deportati lavoravano nel complesso chimico Buna Werke. A causa dell’approssimarsi dell’armata russa, nel 1945, i prigionieri furono evacuati con una lunga marcia senza acqua e cibo verso il campo di lavoro di Buchenwald. Dopo il 1945, Wiesel visse per un periodo in un orfanotrofio francese. Nel 1948, cominciò a studiare alla Sorbona. Giornalista e scrittore, nel suo capolavoro La notte raccontò la propria esperienza ad Auschwitz. Nel 1963 divenne cittadino americano e lavorò per la Commissione Presidenziale sull'Olocausto tra il 1978 ed il 1986. Oggi è docente alla Boston University.
Nel suo libro principale racconta la vita nel ghetto, la prigionia nel campo di Buchenwald, la liberazione, la morte del padre. L’esperienza della reclusione lo ha trasformato da ragazzino innocente, in adulto scettico, tormentato, dubbioso.
L’edizione del volume non fu facile: per essere pubblicato, dovette subire numerosi tagli. E’ inoltre interessante sapere che il te¬sto fu scritto in lingua yiddish; il titolo originale è «E il mondo rimase in silenzio».
Inizialmente fu rifiutato dalle maggiori case editrici francesi e americane per il linguaggio e le riflessioni troppo “veristi”. Fu, quindi, collocato presso la piccola, ma prestigiosa casa editrice Le Minuit di Parigi. Non fu subito successo, ma poi fu scoperto ed ebbe un’enorme rinomanza. Il New York Times lo definì: «Un volume smilzo dal potere terrificante ».
Contribuì a innescare una grande discussione tra i pensatori ebraici, cui parteciparono anche teologi cristiani, sull’interrogativo radicale: «Dov’era Dio?». Nasceva un filone di riflessione che va sotto il nome di «teologia dell’Olocausto»o di «teologia dopo Auschwitz», che si basa su tre temi: <<1) sofferenza e liberazione, 2) innocenza e riscatto, 3) unicità e normalizzazione».
L’Ebreo è quindi presentato come il «sofferente» e l’«innocente» che cammina cero il proprio «riscatto» e la propria «liberazione».
Eliezer Wiesel
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