L'Unione Europea di Annalisa Brunetti (annalisa_brunetti@yahoo.it), Domenico Di Lorenzo (domebike@yahoo.it), Daniela Cappa (daniela.cappa@alice.it)

LA FORMAZIONE DELL'UNIONE EUROPEA

I primi cinquanta anni dell’Unione Europea

A metà degli anni Quaranta, l’Europa corse il rischio di dover subire l’egemonia delle superpotenze americana e sovietica, che avevano assunto il ruolo di nuove dominatrici del mondo: per evitarlo alcuni intellettuali, politici e statisti, oggi considerati i padri fondatori della UE[I1] [I2][I3]quali Robert Schumann[I1], ministro degli Esteri francese, Alcide De Gasperi[I1] e Konrad Adenauer[I1] (a capo rispettivamente del governo italiano e tedesco), avviarono una strategia tesa all’unificazione politica del continente persuadendo gli altri leader europei che l'unico modo per garantire una pace durevole tra i loro paesi fosse unirli economicamente e politicamente.

Attraverso il Piano di aiuti e finanziamenti per la ripresa europea, European Recovery Program, meglio noto come Piano Marshall (dal nome del segretario di stato USA),[I2] nel 1947 i maggiori paesi europei iniziarono un programma di ricostruzione delle loro economie e posero le basi per la cooperazione tra i singoli stati europei: fu una delle prime realizzazioni dei progetti europeisti, che fino a quel momento erano rimasti allo stato utopistico, e condusse all’istituzione delle:

- Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA)[I1]costituita con il trattato di Parigi del 18 aprile 1951;

- Comunità economica europea (CEE)[I1][I2] e Comunità europea per l’energia atomica (CEEA)[I1], ambedue nate con il trattato di Roma del 25 marzo 1957.

Per coordinare e distribuire gli aiuti previsti dal piano Marshall, il 16 aprile 1948 venne creata l’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE)[I1][I2], cui aderirono 15 stati dell’Europa occidentale oltre alla Turchia. A questo primo embrione di cooperazione economica, seguì nel 1949 un’alleanza strategico-militare per la collaborazione nella difesa, guidata dagli Stati Uniti d’America, la NATO, North Atlantic Treaty Organization (Organizzazione del Trattato Nord Atlantico)[I1], a supporto del Patto Atlantico firmato a Washington D.C., USA il 4 aprile 1949 e in contrapposizione all’Unione Sovietica[I1] e ai suoi alleati dell’Europa orientale.

L’articolo 5 enuncia la misura fondamentale del trattato ossia che “un attacco armato contro qualsiasi stato facente parte, in Europa o Nord America, deve essere considerato come un attacco contro tutte le nazioni e, come da art. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite[I1] [I2] [I3] , le nazioni sono autorizzate a compiere tutte le azioni necessarie, incluso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area Nord Atlantica”. Tale risoluzione in realtà è stata utilizzata solamente, e per la prima volta, il 12 settembre 2001 in risposta all’attacco terroristico del giorno precedente alle Torri Gemelle di New York, USA.

Il 5 maggio 1949 veniva fondato il Consiglio d’Europa[I1]">[I2][I2] con lo scopo di promuovere e tutelare gli ideali di libertà e di democrazia nel continente attraverso la creazione di uno spazio democratico e giuridico comune in Europa, organizzato nel rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dei principi democratici.

Fu Winston Churchill[I1][I2] , nel suo discorso del 19 settembre 1946 a Zurigo (Svizzera)[I1] a formulare per primo l’idea degli Stati Uniti d’Europa e darà cosi avvio al Comitato internazionale di coordinamento dei movimenti per l’unita’, la cui prima iniziativa e’ stata l’organizzazione del Congresso dell’Aia[I1], il 7 maggio 1948, che resterà nelle memorie come il Congresso dell’Europa.

Le istituzioni create nel 1948-1950, OECE, NATO, Consiglio d’Europa, rispondevano alla necessità urgente di coordinare e distribuire gli aiuti del piano Marshall ed a costituire una struttura militare che riunisse l’Europa occidentale sotto l’ombrello difensivo americano onde contrastare la minaccia dell’espansionismo sovietico. Ma i governi delle due potenze europee che si erano contese l’egemonia del continente nella prima metà del Novecento al costo enorme di due guerre mondiali, la Francia e la Germania, sapevano che bisognava fare qualcosa di più se si volevano evitare nuove guerre: la rivalità tra i due paesi andava trasformata in una solida alleanza anzi in un’unione da cui non fosse più possibile tornare indietro. Si avviò così un processo di integrazione a cui aderirono poco alla volta numerosi stati: esso iniziò il 18 aprile 1951 con il Trattato di Parigi quando sei paesi (l'Italia, la Francia, la Repubblica Federale di Germania, il Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo) crearono la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA) con l'obiettivo di promuovere l’attivita’ di estrazione di carbone e ferro, l’industria siderurgica e la circolazione di manodopera. Il 25 marzo 1957, con il Trattato di Roma[I1], gli stessi paesi diedero vita alla Comunità europea per l'energia atomica (EURATOM) e alla Comunità Economica Europea (CEE) ed a essi si aggiungono nel 1973 la Danimarca, il Regno Unito e l’Irlanda; la popolazione norvegese, invece, con un referendum rifiutò l’adesione cosi come quella svizzera.

La prima realizzazione pratica fu invece l’unione doganale[I1] (ossia la graduale abolizione delle tasse di esportazione e importazione imposte dai paesi membri) prevista per il 1968 ed attuata già dal 1966. L’unica eccezione fu la Gran Bretagna che aveva rinunciato all’adesione essendo ancora, nell’immediato dopoguerra, un impero coloniale con pochi interessi nell’Europa continentale.

Nel 1960 il Regno Unito - insieme all’Austria, Danimarca, Norvegia, Portogallo, Svezia e Svizzera - promuove la creazione di una zona di libero scambio, la European Free Trade Association (EFTA)[I1] come alternativa per gli stati europei che non volevano entrare nella CCE: presto risultò evidente l’assenza di prospettive economiche per questa semplice associazione e cosi, tranne Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera che ne fanno tuttora parte, gli altri paesi preferirono entrare nella CEE.

Negli anni ‘60, con la perdita di molte delle sue colonie, la Gran Bretagna (GB) si orientò verso l’adesione ma la Francia inizialmente si oppose, ritenendola troppo legata agli Stati Uniti. Solo nel 1973 essa fu ammessa, assieme all’Irlanda (IRL) e alla Danimarca (DK): si formò in tal modo la cosiddetta Europa dei Nove[I1][I2]. Otto anni più tardi, nel 1981, con l’ammissione della Grecia (GR) si ebbe il secondo allargamento e si parlò allora di Europa dei Dieci che, nel 1986, con l’ammissione di Spagna (SP) e Portogallo (P), divenne l'Europa dei Dodici e poi dei Quindici, nel 1995, con l’ingresso di Austria (A), Finlandia (SF) e Svezia (S). L’ingresso dell’Austria é stato determinante nel facilitare la connettività dei trasporti tra Italia e Germania e nell'acuire la sensibilità alla protezione ambientale ed alla salvaguardia del paesaggio.

Verso l'unificazione politica

Il 7 febbraio 1992 venne firmato il Trattato di Maastricht[I1] [I2] [I3] noto come Trattato sull’Unione in quanto venne eliminata la parola “economica” dalla denominazione e si assunse quella attualmente in uso di Unione Europea (UE). Si diede cosi avvio alla comunità monetaria unica e quindi, oltre agli obiettivi economici, si imboccò la strada degli obiettivi politici quali l’unificazione in un grande stato federale, un unico esercito, organi politici direttivi comuni, nuove forme di cooperazione nel settore della difesa e della giustizia (che poi porteranno alla PESC, Politica Estera e di Sicurezza Comune[I1] e alla PESD, Politica Europea di Sicurezza e di Difesa[I2], e si gettarono le basi per la riorganizzazione dei rapporti tra gli stati membri e l’Unione oltre che tra questa ed il resto del mondo.

Nel 1993, attraverso gli accordi di Schengen[I1] [I2] firmati nella cittadina lussemburghese nel 1985, venne realizzata la libera circolazione delle persone, delle merci e dei capitali ossia si diede la possibilità ad un lavoratore di spostarsi liberamente e lavorare sul territorio degli stati membri, senza controllo dei passaporti e dunque una vera a propria abolizione delle frontiere interne, oltre all’adozione da parte della UE di una forte barriera doganale esterna, con rigidi controlli in entrata. Nello stesso anno si decise di adottare una moneta unica: dal 1º gennaio 1999, infatti, é in vigore l’Unione Economica e Monetaria (UEM)[I1] tra 15 stati membri (Austria, Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Finlandia e, negli anni successivi, Grecia, Slovenia, Cipro e Malta), accordo che porta il 1º gennaio 2002 all’adozione dell’euro da parte degli stessi dodici stati. L’Eurozona conta oggi 318 milioni di abitanti ed anche alcuni microstati come Città del Vaticano, il Principato di Monaco e San Marino, Andorra, Montenegro ed il Kosovo hanno adottato l’euro in virtu’ delle preesistenti condizioni di unione monetaria con paesi membri della UE.

Allo stesso modo, i sette Paesi rimasti nell’EFTA (Austria, Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svezia e Svizzera) hanno firmato in Portogallo un accordo con la UE per la creazione di uno Spazio Economico Europeo (SEE) con l’obiettivo di creare un grande mercato comune e costituire una sorta di anticamera per la preparazione di tali Paesi al futuro ingresso nell’Unione. Il 22 giugno 1993, infatti, il Consiglio Europeo riunito a Copenaghen si accordò “affinché i paesi associati dell'Europa centrale e orientale che lo desideravano diventassero membri dell'Unione europea”. Vennero quindi fissati tre criteri principali:

1.Criterio politico: avere raggiunto una stabilità istituzionale tale da garantire la democrazia, lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani nonché il rispetto e la tutela delle minoranze;

2.Criterio economico: esistenza di un'economia di mercato funzionante e della capacità di far fronte alle pressioni concorrenziali e alle forze di mercato all'interno dell'Unione;

3.Terzo criterio ovvero la capacità di applicare l'acquis comunitario assumendo gli obblighi connessi con l'adesione all'UE tra cui il perseguimento dell'obiettivo dell'unione politica, economica e monetaria.

Nei primissimi anni ’90 il crollo dei regimi comunisti ha dato il via alle trattative per un ingresso nella UE di paesi dell’Europa Orientale portando, nel 2004, all’entrata di Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Slovenia, Malta e Cipro. Sulla base delle raccomandazioni della Commissione e dei pareri del Parlamento, il Consiglio europeo del Lussemburgo del dicembre 1997 e quello di Helsinki del dicembre 1999, infatti, aprirono i negoziati con i dieci paesi dell’Europa centrale e orientale oltre a Cipro e Malta.

Il Trattato di Amsterdam[I1][I2], firmato il 2 ottobre 1997 a chiusura della Conferenza intergovernativa per la modifica del Trattato di Maastricht, entrato in vigore il 1 maggio 1999 a ratifica degli accordi di Schengen, e il Trattato di Nizza[I1]">[I2] del 26 febbraio 2001 mirano a consolidare l’Unione e a semplificarne i processi decisionali in vista delle prospettiva di allargamento. I negoziati con dieci paesi candidati si sono conclusi a Copenaghen il 13 dicembre 2002 stabilendo i meccanismi e i periodi di transizione necessari affinchè i nuovi stati membri possano onorare tutti gli obblighi legati all’adesione.

Il 1° maggio 2004 ha fatto un ulteriore passo il processo di allargamento – si e’ passati a 25 stati membri[I1] – con l’adesione all’Unione Europea di dieci paesi dell'Europa orientale e meridionale: Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia. Nell’ottobre 2005 si avviano i negoziati di adesione con Croazia e Turchia e a gennaio 2007 entrano a far parte della UE la Bulgaria e la Romania mentre Croazia, Syrom (Repubblica di Macedonia) e Turchia sono ancora in lista d’attesa. Per la Turchia i negoziati avviati potrebbero durare ancora a lungo dato che la sua adesione é frenata sia dalle non confortanti condizioni economiche, che fanno temere in caso di ammissione un’immigrazione di massa, sia dal mancato rispetto all’interno del suo territorio dei diritti dell’uomo ed anche dalla gestione incivile della questione curda e in ultimo, ma non ultimo, anche dallo spostamento dei confini della UE a ridosso di stati molto instabili come l’Iraq,, senza dimenticare la diversa identità religiosa (dall’attuale maggioranza cattolica cristiana ad una maggioranza musulmana) che la UE assumerebbe con l’annessione dello stato turco.

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