L'Impero Romano, unificatore della cultura mediterranea
Il mediatore principale per “l’unificazione” non poteva essere che un impero forte che accomunasse queste genti e le facesse convivere: l’Impero Romano
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che procedette alla progressiva unificazione della cultura mediterranea spostando contemporaneamente a nord, sino al confine Reno - Danubio, l'area della sua influenza e del suo potere. Là dove arrivò l'organizzazione romana, essa lasciò un segno durevole, favorendo la colonizzazione delle terre agricole e il loro razionale sfruttamento e creando una rete di strade e di servizi, oltre a diffondere un modello urbano plasmato su Roma. Fino al momento del suo apogeo (inizio del II secolo d.C.), l'Impero Romano fu il più potente fattore di unificazione dell'Europa che si estendeva alle aree francese, inglese e spagnola ed era compresa tra la linea Reno - Danubio e il Mediterraneo. Il quadro mutò durante la dominazione di Marco Aurelio (161-180)[I1]
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quando si verificò la prima grande invasione di popolazioni germaniche che superarono i confini del Reno e si spinsero fino in Italia, dove al tempo furono respinte. Non erano che le avanguardie di quelle ondate migratorie che, nel V e VI secolo, portarono dentro i confini dell'ex impero molti popoli provenienti dall'est e che i romani chiamarono "barbari"
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fu cosi che l'insediamento di popolazioni germaniche e slave disgregò l'Impero Romano d'Occidente. L'imponente spostamento di unni, ostrogoti, visigoti, alani, vandali, svevi, franchi e germani non distrusse completamente però il tessuto intimo della civiltà romana che, mentre assimilava le genti dell'est nelle sue strutture, ne veniva a sua volta radicalmente modificata. La fusione fra la cultura romana e quella “straniera” avvenne sia durante l’era repubblicana che imperiale anche se, fino a questo momento, possiamo parlare solamente di“Europa culturale”. E se fu proprio dal punto di vista culturale che si ebbe l’idea più antica d’Europa, a questo punto e’ necessario includere alcuni autori latini nel processo evolutivo europeo. La letteratura latina
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nacque nel III secolo a.C. e progredì nei secoli successivi sotto l’impulso di quella ellenistica nella quale era confluito tutto il patrimonio letterario, filosofico e scientifico elaborato dalla civiltà ellenica fra il VII e il IV secolo a.C. Già a partire dal II secolo a.C. l’intellettuale romano era bilingue tant’è che il completamento degli studi prevedeva un viaggio di studio ad Atene e nei maggiori centri della cultura ellenistica per seguire corsi di filosofia e retorica tenuti da maestri greci. Ma ciò non significò mai acritica sudditanza bensì disponibilità ad imparare e ad assimilare quanto era ritenuto utile e funzionale.
La letteratura latina si evolse poi proprio intorno al II secolo a.C. grazie all’ellenizzazione [I1]
cioè all’incontro, non sempre felice, tra il mondo latino ed un modello di civiltà alternativo a quello romano. L’espandersi di questo fenomeno trovò però diversi ostacoli, soprattutto di carattere ideologico culturale: difatti gli ideali di vita proposti dalla cultura greca erano totalmente estranei alla primigenia cultura romana. Ricordiamo l’epicureismo[I1]
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[I3] ad esempio, come una delle grandi correnti filosofiche che erano in voga a Roma ma l’integrazione delle diverse culture non ebbe sempre vita facile a causa dei conservatoristi che giudicavano “inquinante” ogni elemento estraneo. Ci volle circa un secolo prima che a Roma, col diffondersi delle diverse culture elleniche, si iniziasse a pensare in maniera più liberale e cio’ corrispose alle grandi conquiste che espansero la cultura romana ai confini dell’Europa fino alla massima estensione, con la conquista della Dacia, sotto l’imperatore Traiano[I1]
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[I3]. Caio Giulio Cesare[I1]
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[I3] fu il conquistatore per antonomasia ma il tentativo di unificazione dell’impero prevedeva che le popolazioni conquistate venissero inglobate attraverso l’offerta di cittadinanza ai popoli, e quindi non sfruttandoli e trattandoli come gente conquistata bensì considerandoli Romani a tutti gli effetti: questo impediva rivolte e tumulti popolari provocati dall’oppressione e dal malcontento. Con il passare dei secoli, però, il grande Impero Romano entrò in una fase di decadenza poiche’ il legame che teneva salde queste popolazioni non era più basato su un’identità comune. L’Impero Romano vedeva nella religione di stato un elemento di coesione totalizzante per l’immenso numero di cittadini romani che risiedevano all’interno dei suoi confini: per questo motivo, il diffondersi dei nuovi valori professati dal cristianesimo[I1]
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[I3] ed il rifiuto dei suoi fedeli di compiere i sacrifici obbligatori per legge agli dei della religione romana ufficiale, costituivano una minaccia all’ordine socio politico di Roma. Si spiegano cosi le innumerevoli persecuzioni nei confronti dei cristiani e l’impossibilità, nei primi anni di diffusione del culto, di professare liberamente la religione, fino all’editto di Costantino< nel 313 d.Ca [I1]
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Indebolito al suo interno, l’Impero Romano non riuscì più a fronteggiare le invasioni a respingerle e a mantenersi saldo e unito. Alla fine dell'VIII secolo, dopo i grandi rivolgimenti delle invasioni barbariche e dopo la breve riconquista operata da Giustiniano[I1][I2][I3], imperatore dell'Impero Romano d'Oriente[I1][I2]
[I3], il quadro parve stabilizzarsi con il consolidamento di differenti domini: il regno dei Franchi, il cui predominio si esercitava in occidente; il regno dei Longobardi, insediati nell'Italia settentrionale; l'area bizantina nel Sud Italia inserita nell'Impero Romano d'Oriente; le culture slave a est dell'Adriatico.
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