La convenzione sulla biodiversità, elaborata a Rio de Janeiro nel 1992, parla della diversità biologica e dei suoi vari componenti. La convenzione ritiene che la principale esigenza per la conservazione della diversità biologica consiste nel salvaguardare gli ecosistemi e gli habitat naturali, mantenendo le popolazioni di specie vitali nei loro ambienti naturali. La biodiversità consiste nella varietà delle forme di vita vegetali e animali presenti negli ecosistemi del pianeta . Questo termine è anche utilizzato per indicare la variabilità genetica all’interno di una specie. La sopravvivenza delle differenti specie dipende dalla varietà di popolazioni che le compongono. Quando c’è poca variabilità significa che vi sono minori possibilità di sopravvivere.
La biodiversità degli ecosistemi si riferisce ai differenti ambienti in cui la vita è presente: la barriera corallina, gli ambienti sotterranei, la foresta, il deserto. Il maggior rischio è dato dalla scomparsa di questi ambienti che comporterebbe l’estinzione delle specie che vi abitano.
La diversità specifica rappresenta tutte le specie che abitano una certa regione (varietà di specie nei diversi habitat del pianeta).
La diversità genetica riguarda invece la variabilità nella costituzione genetica tra gli individui nell’ambito di una singola specie.
La diversità ecologica fa riferimento alle varietà di foreste, deserti, praterie, oceani e di tutte le comunità che interagiscono con l’ambiente non vivente.
La diversità culturale (come la diversità genetica e la diversità specifica) è già biodiversità. Essa può essere espressa in vari modi: con la diversità del linguaggio, di cultura ecc… e rappresenta una soluzione al problema della sopravvivenza della vita in ambienti mutevoli. Le culture umane possono rappresentare una soluzione sociale e tecnologica per la sopravvivenza e si pensa che possano aiutare ad adattarsi alle condizioni mutevoli.