TESEO
Se Bellerofonte è l'eroe-simbolo della città di
Corinto, il più famoso Teseo [I1] [I2] [I3] [E1] [E2] [E3] [F1] [F2] [F3] [F4] è sicuramente quello dell'intera
Attica, la regione della Grecia ove sorge Atene [I1] [E1] . Anticamente, vi
venivano celebrate feste di grande solennità in suo onore e gli fu
dedicato un imponente tempio, il Teseion. Il suo appoggio era
invocato dall'intera comunità ateniese al momento del bisogno,
specialmente di fronte a gravosi impegni militari. La sua vicenda,
pur nella sua estrema complessità, è certamente tra le più note
dell'intera mitologia classica e non sembra necessario richiamarla qui
in modo puntuale. Ci limiteremo quindi a ripercorrerne le tappe
fondamentali, senza alcuna presunzione di esaustività, al solo scopo di
inquadrare la vasta produzione culturale influenzata da questo mito nel
corso dei secoli e di illustrarne le potenzialità didattiche. Per quanto concerne i natali di Teseo, non v'è unità tra
le differenti versioni della leggenda: secondo alcuni, egli nacque
dall'amore di Poseidone e di Etra, figlia del re di
Trezene (città della Grecia meridionale), traendo così direttamente
origine da stirpe divina. Secondo altri, egli era invece figlio di Etra
e di Egeo [I1] [F1] , a sua volta discendente del fondatore di Atene,
Cecrope.
La sua storia è per molti aspetti paragonabile,
oltre che a quella di molti altri eroi della mitologia greco-romana, a
quella di alcuni personaggi di leggende di culture di riferimento
differenti, come Indra, vincitore di Vrtra nella mitologia
indiana, o, nella saga nordica dei Nibelunghi, Siegfrid,
l'eroe che ebbe ragione di Fafner.
La più famosa delle sue imprese è quella con cui
seppe liberare la sua città da un annoso tributo di sangue, preteso da
un terribile mostro che viveva sull'isola di Creta [I1] [F1] , in mezzo al
mar Egeo, il Minotauro [I1] [E1] [F1] [S1] . Questa bizzarra creatura, dal possente
corpo di uomo e dallo smisurato capo di toro, nacque dal re di Creta, Minosse
[I1] [E1] [F1] , e della sua moglie Pasifae, punita da Poseidon
delle sue malefatte con la nascita di un così mostruoso figlio. Il re,
vergognandosi di lui, commissionò al mitico architetto Dedalo [I1] [E1] [F1] [S1] un
edificio dalle pianta eccezionalmente complessa ed elaborata (loco
cento volte cinto / da una muraglia smisurata e forte lo descrisse
Matteo Maria Boiardo nell'Orlando Innamorato, 2, VIII, 15),
all'interno del quale il mostro potesse vivere nascosto senza suscitare
il terrore altrui. La sua brutalità e la sua natura
irrazionale sono ben descritte da Dante [I1] , che immagina di incontrarlo nel
corso della sua discesa agli inferi:
l'infamia di Creti era distesa
che fu concetta ne la falsa vacca;
e quando vide noi, sé stesso morse,
sì come quei cui l'ira dentro fiacca.
Inferno, XII, 12-15
di Creti= dei Cretesi
concetta=concepita
falsa vacca= in una delle versioni del mito,
Minosse era riuscito ad ottenere il potere si Creta grazie ad un toro
inviatogli da Poseidon per dimostrare agli altri pretendenti il favore
degli dei. Egli, tuttavia, suscitò le ire del dio del mare
sostituendo l'animale, che doveva essergli direttamente sacrificato, con
un altro. Proprio questa è "la falsa vacca" citata da Dante, che generò
il Minotauro.
quei cui l'ira dentro fiacca: colui che è roso
internamente da un'invincibile ira, che riesce a sfogare solo con
l'autolesionismo.
La fiera si nutriva di carne umana, cibandosi di
giovani fanciulli che, in seguito ad una sconfitta militare, dovevano
essere inviati ogni anno dalla città di Atene (ma, secondo altri, il
sacrificio avveniva una volta ogni tre anni o, additrittura, ogni nove).
Dopo aver dato prova del proprio valore sgominando la fitta schiera dei
Pallantidi, pretendenti al trono di Atene e suoi diretti rivali,
il nostro eroe decise che era giunto il momento di porre fine a tanto
gravoso costume. Si imbarcò con i quattordici sventurati destinati
all'isola egea, giurando sul suo onore che avrebbero fatto ritorno in
patria sani e salvi.
Anche grazie all'indispensabile contributo della
bella Arianna [I1] [E1] [E2] [F1] [F2] [S1] , figlia di Minosse, che, con il proverbiale
filo gli evitò di smarrirsi all'interno del labirinto [I1] , il nostro
ebbe la meglio sull'orrida creatura. Non era infatti il Minotauro il suo
nemico peggiore, bensì la struttura astrusa ed insidiosa del singolare
edificio, che, una volta compiuta l'impresa, gli avrebbe, con ogni
probabilità, precluso la possibilità di uscire dalla sterminata prigione
del mostro. Fu il subitaneo amore sbocciato tra Arianna e Teseo a
suggerire un così originale stratagemma: lo stesso amore che, poco più
tardi, rivelerà tutta l'umana fallibilità e i difetti assai poco divini
dell'eroe.
Tra tutti gli eroi della mitologia classica, Teseo è
infatti uno di quelli che meglio raffigurano il connubio tra doti
fisiche eccezionali e mancanze macroscopiche ma umanissime, tra
un indefesso bisogno d'azione e una fatale incapacità di superare i
limiti connaturati alla sua stessa condizione di uomo.
Teseo, follemente innamorato da Arianna, decise di
portarla con sé allontanandosi da Creta, ma, con un gesto davvero poco
regale, abbanonò la fanciulla al sua destino su di una spiaggia desolata
dell'isola di Nasso, dove la sua nave aveva fatto scalo nel corso
del viaggio di ritorno ad Atene.
Non vi è concordia tra le fonti nello spiegare le ragioni di questo
comportamento, tuttavia, l'immagine della bella Arianna che grida al
vento la sua disperazione in un'isola deserta ispirò la creatività di
innumerevoli poeti, diventando un'immagine ricorrente e influenzando a
sua volta il modo in cui altri descrissero scene di follia derivante da
un altrettanto disperato ed inaspettato abbandono. Potrebbe esser utile
confrontare come due grandi autori latini, Ovidio e Catullo, richiamano
questa scena di lacrime e disperazione e come un altrettanto grande
autore italiano, Ludovico Ariosto, si ispirò a questa immagine nel
cantare lo scoramento di un personaggio dell'Orlando Furioso [I1] ,
Olimpia, lasciata anch'essa sola con se stessa sui lidi di
un'isola inabitata dal suo ingrato sposo, Bireno. Così Ovidio,
nella sua Ars amatoria [E1] [E2] , rese lo sfogo di Arianna:
Gnosis in ignotis amens errabat arenis
[...]
Utque erat e somno tunica velata recincta,
Nudo pedem, croceas inreligata comas,
Thesea crudelem surdas clamabat ad undas
Indigno teneras imbre rigante genas.
La fanciulla di Cnosso (Arianna) vagava
folle per spiagge sconosciute, [...] così come si era risvegliata dal
sonno, appena velata dalla tunica, con i piedi nudi e con le bionde
chiome scomposte, gridava il nome del crudele Teseo alle sorde onde,
mentre un indegno pianto bagnava le sue tenere gote.
Ovidio, Ars amatoria, I, 525sgg.;
la versione è nostra.
Come si può vedere dal breve brano che segue, la
povera Olimpia dell'Orlando Furioso esprime la sua vana
disperazione in modo assai simile: evidentemente il modello portato
dalla mitologia classica esercitò la sua forte influenza anche
sull'Ariosto.
[...] e corre al mar, graffiandosi le
gote,
presaga e certa ormai di sua fortuna.
Si straccia i crini e il petto si percuote,
e va guardando (che splendea la luna)
se veder cosa, fuor che 'l lito, puote
Orlando Furioso, X, 22 sgg.
lito= spiaggia
puote=può
Mentre la povera Arianna trovava conforto nelle
divine attenzioni di Bacco, il nostro si rese responsabile di
un'altra grave mancanza. Egli aveva promesso al padre Egeo che, in caso
di riuscita della sua impresa, sarebbe tornato issando vele bianche
sull'albero della sua nave. Per dimenticanza secondo alcuni, per un
malaugurato incidente provocato da un fulmine secondo altri, egli invece
si avvicinò al porto di Atene con vele nere, suscitando la completa
disperazione dell'anziano re, che, convinto della morte del figlio, si
suicidò, gettandosi nel mare che ancor oggi porta il suo nome.
La storia e le avventure [E1] di Teseo non finirono certo
con il suo ritorno ad Atene: stranamente, egli, già sposo
dell'amazzone Ippolita, sposò in seconde nozze la
sorella della povera Arianna, Fedra [F1] . A questo fatto si
intrecciano nuovi sviluppi, altrettanto rilevanti per la letteratura
dall'Antichità al Novecento. Il tormentato amore di Fedra per il
figliastro Ippolito [I1] [F1], nato dal primo matrimonio di Teseo
ispirò infatti un gran numero di autori teatrali, da Euripide a
Seneca, da Jean Racine a Gabriele D'Annunzio.
Famosa è anche l'amicizia del nostro con
Piritoo, re dei Lapiti, un popolo della selvaggia Tracia: egli
ebbe un giorno la bizzarra idea di scendere negli inferi allo scopo di
rapire la regina dell'Ade[I1], Persefone [E1] . Teseo, da vero eroe,
scese a sua volta [F1] nel regno dei morti per salvare l'amico, che vi era
restato imprigionato. Ancora una volta, di fianco alla tempra dell'eroe,
emerse la fallibilità dell'uomo: Teseo non riuscì nella disperata impresa,
ma venne in suo soccorso un altro noto personaggio, del quale ci
occuperemo più diffusamente oltre: Ercole.
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