Miti e leggende di Luca La Grotta (lucalagrotta@infinito.it), Matteo Leonardi (aleonardim@tiscalinet.it), Cristina Merchiori (severnaja@libero.it), Elisa Rossi (elisaros2006@libero.it), Claudia Scaglia (siscla@libero.it).

TESEO

Se Bellerofonte è l'eroe-simbolo della città di Corinto, il più famoso Teseo [I1] [I2] [I3] [E1] [E2] [E3] [F1] [F2] [F3] [F4] è sicuramente quello dell'intera Attica, la regione della Grecia ove sorge Atene [I1] [E1] . Anticamente, vi venivano celebrate feste di grande solennità in suo onore e gli fu dedicato un imponente tempio, il Teseion. Il suo appoggio era invocato dall'intera comunità ateniese al momento del bisogno, specialmente di fronte a gravosi impegni militari.
La sua vicenda, pur nella sua estrema complessità, è certamente tra le più note dell'intera mitologia classica e non sembra necessario richiamarla qui in modo puntuale. Ci limiteremo quindi a ripercorrerne le tappe fondamentali, senza alcuna presunzione di esaustività, al solo scopo di inquadrare la vasta produzione culturale influenzata da questo mito nel corso dei secoli e di illustrarne le potenzialità didattiche.

Per quanto concerne i natali di Teseo, non v'è unità tra le differenti versioni della leggenda: secondo alcuni, egli nacque dall'amore di Poseidone e di Etra, figlia del re di Trezene (città della Grecia meridionale), traendo così direttamente origine da stirpe divina. Secondo altri, egli era invece figlio di Etra e di Egeo [I1] [F1] , a sua volta discendente del fondatore di Atene, Cecrope.
La sua storia è per molti aspetti paragonabile, oltre che a quella di molti altri eroi della mitologia greco-romana, a quella di alcuni personaggi di leggende di culture di riferimento differenti, come Indra, vincitore di Vrtra nella mitologia indiana, o, nella saga nordica dei Nibelunghi, Siegfrid, l'eroe che ebbe ragione di Fafner.

La più famosa delle sue imprese è quella con cui seppe liberare la sua città da un annoso tributo di sangue, preteso da un terribile mostro che viveva sull'isola di Creta [I1] [F1] , in mezzo al mar Egeo, il Minotauro [I1] [E1] [F1] [S1] . Questa bizzarra creatura, dal possente corpo di uomo e dallo smisurato capo di toro, nacque dal re di Creta, Minosse [I1] [E1] [F1] , e della sua moglie Pasifae, punita da Poseidon delle sue malefatte con la nascita di un così mostruoso figlio. Il re, vergognandosi di lui, commissionò al mitico architetto Dedalo [I1] [E1] [F1] [S1] un edificio dalle pianta eccezionalmente complessa ed elaborata (loco cento volte cinto / da una muraglia smisurata e forte lo descrisse Matteo Maria Boiardo nell'Orlando Innamorato, 2, VIII, 15), all'interno del quale il mostro potesse vivere nascosto senza suscitare il terrore altrui. La sua brutalità e la sua natura irrazionale sono ben descritte da Dante [I1] , che immagina di incontrarlo nel corso della sua discesa agli inferi:

l'infamia di Creti era distesa
che fu concetta ne la falsa vacca;
e quando vide noi, sé stesso morse,
sì come quei cui l'ira dentro fiacca.

Inferno, XII, 12-15
di Creti= dei Cretesi
concetta=concepita
falsa vacca= in una delle versioni del mito, Minosse era riuscito ad ottenere il potere si Creta grazie ad un toro inviatogli da Poseidon per dimostrare agli altri pretendenti il favore degli dei. Egli, tuttavia, suscitò le ire del dio del mare sostituendo l'animale, che doveva essergli direttamente sacrificato, con un altro. Proprio questa è "la falsa vacca" citata da Dante, che generò il Minotauro.
quei cui l'ira dentro fiacca: colui che è roso internamente da un'invincibile ira, che riesce a sfogare solo con l'autolesionismo.

La fiera si nutriva di carne umana, cibandosi di giovani fanciulli che, in seguito ad una sconfitta militare, dovevano essere inviati ogni anno dalla città di Atene (ma, secondo altri, il sacrificio avveniva una volta ogni tre anni o, additrittura, ogni nove). Dopo aver dato prova del proprio valore sgominando la fitta schiera dei Pallantidi, pretendenti al trono di Atene e suoi diretti rivali, il nostro eroe decise che era giunto il momento di porre fine a tanto gravoso costume. Si imbarcò con i quattordici sventurati destinati all'isola egea, giurando sul suo onore che avrebbero fatto ritorno in patria sani e salvi.

Anche grazie all'indispensabile contributo della bella Arianna [I1] [E1] [E2] [F1] [F2] [S1] , figlia di Minosse, che, con il proverbiale filo gli evitò di smarrirsi all'interno del labirinto [I1] , il nostro ebbe la meglio sull'orrida creatura. Non era infatti il Minotauro il suo nemico peggiore, bensì la struttura astrusa ed insidiosa del singolare edificio, che, una volta compiuta l'impresa, gli avrebbe, con ogni probabilità, precluso la possibilità di uscire dalla sterminata prigione del mostro. Fu il subitaneo amore sbocciato tra Arianna e Teseo a suggerire un così originale stratagemma: lo stesso amore che, poco più tardi, rivelerà tutta l'umana fallibilità e i difetti assai poco divini dell'eroe.
Tra tutti gli eroi della mitologia classica, Teseo è infatti uno di quelli che meglio raffigurano il connubio tra doti fisiche eccezionali e mancanze macroscopiche ma umanissime, tra un indefesso bisogno d'azione e una fatale incapacità di superare i limiti connaturati alla sua stessa condizione di uomo.

Teseo, follemente innamorato da Arianna, decise di portarla con sé allontanandosi da Creta, ma, con un gesto davvero poco regale, abbanonò la fanciulla al sua destino su di una spiaggia desolata dell'isola di Nasso, dove la sua nave aveva fatto scalo nel corso del viaggio di ritorno ad Atene.
Non vi è concordia tra le fonti nello spiegare le ragioni di questo comportamento, tuttavia, l'immagine della bella Arianna che grida al vento la sua disperazione in un'isola deserta ispirò la creatività di innumerevoli poeti, diventando un'immagine ricorrente e influenzando a sua volta il modo in cui altri descrissero scene di follia derivante da un altrettanto disperato ed inaspettato abbandono. Potrebbe esser utile confrontare come due grandi autori latini, Ovidio e Catullo, richiamano questa scena di lacrime e disperazione e come un altrettanto grande autore italiano, Ludovico Ariosto, si ispirò a questa immagine nel cantare lo scoramento di un personaggio dell'Orlando Furioso [I1] , Olimpia, lasciata anch'essa sola con se stessa sui lidi di un'isola inabitata dal suo ingrato sposo, Bireno. Così Ovidio, nella sua Ars amatoria [E1] [E2] , rese lo sfogo di Arianna:

Gnosis in ignotis amens errabat arenis
[...] Utque erat e somno tunica velata recincta,
Nudo pedem, croceas inreligata comas,
Thesea crudelem surdas clamabat ad undas
Indigno teneras imbre rigante genas.

La fanciulla di Cnosso (Arianna) vagava folle per spiagge sconosciute, [...] così come si era risvegliata dal sonno, appena velata dalla tunica, con i piedi nudi e con le bionde chiome scomposte, gridava il nome del crudele Teseo alle sorde onde, mentre un indegno pianto bagnava le sue tenere gote.

Ovidio, Ars amatoria, I, 525sgg.;
la versione è nostra.

Come si può vedere dal breve brano che segue, la povera Olimpia dell'Orlando Furioso esprime la sua vana disperazione in modo assai simile: evidentemente il modello portato dalla mitologia classica esercitò la sua forte influenza anche sull'Ariosto.

[...] e corre al mar, graffiandosi le gote,
presaga e certa ormai di sua fortuna.
Si straccia i crini e il petto si percuote,
e va guardando (che splendea la luna)
se veder cosa, fuor che 'l lito, puote

Orlando Furioso, X, 22 sgg.
lito= spiaggia
puote=può

Mentre la povera Arianna trovava conforto nelle divine attenzioni di Bacco, il nostro si rese responsabile di un'altra grave mancanza. Egli aveva promesso al padre Egeo che, in caso di riuscita della sua impresa, sarebbe tornato issando vele bianche sull'albero della sua nave. Per dimenticanza secondo alcuni, per un malaugurato incidente provocato da un fulmine secondo altri, egli invece si avvicinò al porto di Atene con vele nere, suscitando la completa disperazione dell'anziano re, che, convinto della morte del figlio, si suicidò, gettandosi nel mare che ancor oggi porta il suo nome.

La storia e le avventure [E1] di Teseo non finirono certo con il suo ritorno ad Atene: stranamente, egli, già sposo dell'amazzone Ippolita, sposò in seconde nozze la sorella della povera Arianna, Fedra [F1] . A questo fatto si intrecciano nuovi sviluppi, altrettanto rilevanti per la letteratura dall'Antichità al Novecento. Il tormentato amore di Fedra per il figliastro Ippolito [I1] [F1], nato dal primo matrimonio di Teseo ispirò infatti un gran numero di autori teatrali, da Euripide a Seneca, da Jean Racine a Gabriele D'Annunzio.

Famosa è anche l'amicizia del nostro con Piritoo, re dei Lapiti, un popolo della selvaggia Tracia: egli ebbe un giorno la bizzarra idea di scendere negli inferi allo scopo di rapire la regina dell'Ade[I1], Persefone [E1] . Teseo, da vero eroe, scese a sua volta [F1] nel regno dei morti per salvare l'amico, che vi era restato imprigionato. Ancora una volta, di fianco alla tempra dell'eroe, emerse la fallibilità dell'uomo: Teseo non riuscì nella disperata impresa, ma venne in suo soccorso un altro noto personaggio, del quale ci occuperemo più diffusamente oltre: Ercole.

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