Miti e leggende di Luca La Grotta (lucalagrotta@infinito.it), Matteo Leonardi (aleonardim@tiscalinet.it), Cristina Merchiori (severnaja@libero.it), Elisa Rossi (elisaros2006@libero.it), Claudia Scaglia (siscla@libero.it).

BELLEROFONTE

La leggenda di Bellerofonte [I1] [E1] [E2] [F1] [F2] , eroe della città greca di Corinto [I1] , è narrata con dovizia di particolari dal libro VI° dell'Iliade. Nipote di Glauco [I1] [E1] [F1] , pescatore divenuto dio marino per aver consumato un'ignota, portentosa, erba, come scrisse Dante, "nel gustar l'erba - che 'l fe' consorte in mar de li altri dei" (Paradiso, 1.68-69). Se si considera che il nostro era anche nipote dello sventurato Sisifo, condannato dagli dei, una volta giunto nell'aldilà, a spingere un masso in eterno nel tentativo di distoglierlo da una sempre viva ma insidiosa astuzia, i presupposti genealogici per divenire un eroe di grande rilievo non mancano di certo, né quelli per concludere amaramente e sfortunatamente una lunga storia fatta di semplicità d'animo e d'imprese memorabili.

Obbligato per una qualche ragione ad abbandonare la città natale, fu costretto a riparare ad Argo (secondo altri, a Tirinto, dove regnava Preto. Qui la regina Antea (da altre fonti chiamata Stenebea), invaghitasi di lui, non riuscendo a sedurlo, data la sua casta innocenza, cercò di vendicare le proprie ambizioni deluse accusandolo calunniosamnete di fronte al marito e chiedendone la morte.

Preto, non osando condannare il giovane e temendo un castigo divino, lo inviò in Licia al re Jobate, suo suocero, con una missiva segreta in cui si chiedeva che il suo latore fosse ucciso.

Anche Jobate non volle procedere direttamente all'esecuzione di un giovane così semplice e così ignaro del proprio destino e decise di sottoporlo ad un'impresa ritenuta ben al di sopra delle sue possibilità, affinché per lui non vi fosse scampo.

Come Polidette aveva imposto a Perseo di uccidere Medusa, Jobate ordinò a Bellerofonte di

"di dar morte all'indomita Chimera.
Era il mostro d'origine divina,
lion la testa, il petto capra, e drago
la coda; e dalla bocca orrende vampe
vomitava di foco. E nondimeno,
col favor degli Dei, l'eroe la spense.

(Iliade, versione di Vincenzo Monti, VI.221-226)

Ancora una volta un giovane eroe si trova a dover fronteggiare una creatura terribile e disumana: la Chimera [F1] , che in quel periodo stava seminando morte e disperazione tra le genti della Licia, era ritenuta figlia di Tifone, mostro con ben cento teste di drago. Tra le molte rappresentazioni consegnateci dall'antichità, è da ricordare la splendida Chimera d'Arezzo [E1] , capolavoro dell'arte etrusca, scultura bronzea conservata presso il Museo Archeologico di Firenze

Secondo alcune fonti, Bellerofonte riuscì a vincere il mostro cavalcando il solito Pegaso, cavallo alato nato dal sangue di Medusa, come abbiamo visto in precedenza.
Da notare come, ancora una volta, differenti miti finiscano per intercciarsi quasi di continuo, riproducendo non solo gli stessi meccanismi narrativi, ma mutuando gli uni dagli altri circostanze salienti e personaggi, andando così a costituire un vero e proprio continuum, asistematico e certo non organico, intrinsecamente privo di vera coerenza narrativa (diverse fonti portano per quasi ogni leggenda versioni differenti), ma culturalmente unitario e consistente.

Tornando a Bellerofonte, inaspettatamente superata la prova della Chimera, venne inviato da Jobate, sempre intenzionato a procurarne la morte, verso nuove avventure: combattè vittoriosamente, sempre solo, ma armato della propria invincibilità, contro il vicino popolo dei Solimi, contro le Amazzoni [E1] [F1] , terribili donne dai costumi guerrieri, infine contro i migliori dei suoi stessi soldati. Vista l'impossibilità di sconfiggere il giovane in battaglia, il re decise di concedergli in sposa la bella figlia.

Meno roseo è il finale della storia tramandatoci dalla tradizione: secondo Omero,

venne in odio agli Dei Bellerofonte,
solo e consunto da tristezza errava
pe 'l campo Aleio l'infelice, e l'orme
dei viventi fuggia [...]

(Iliade, versione di Vincenzo Monti, VI.248-251).

Cosa abbia potuto turbare la suprema pace degli dei nel comportamento di un giovane così costumato non è dato sapere con chiarezza: secondo alcuni, egli commise il temerario gesto di approssimarsi troppo all'Olimpo in sella al suo Pegaso.

Dal punto di vista didattico, visti i forti elementi di contatto intercorrenti tra il mito di Perseo e quello di Bellerofonte, potrebbe risultare utile un confronto diretto tra di essi, da condurre direttamente su di uno dei testi reperibili in rete, tradotto nella lingua che più si ritiene adatta. In questa prospettiva, gli alunni dovrebbero essere guidati nella comparazione da una serie di quesiti, preferibilmente formulati con risposte aperte, che consentano di porre in evidenza le profonde e nette analogie, sia sul piano dei contenuti, sia su quello dei meccanismi narrativi, che risultano quasi perfettamente sovrapponibili.
Nel portare avanti tale attività, è opportuno tenere presente che il mito è, sempre e comunque, fortemente variabile nei suoi contenuti a seconda delle fonti che si scelgono. Come si sarà potuto constatare, anche i nomi dei personaggi variano (e non di poco) da un autore ad un altro. Tuttavia, tutta questa apparente mutabilità non deve impensierire più del necessario chi desideri realizzare una consapevole applicazione didattica del mito, a qualsiasi livello di elaborazione e con studenti di qualunque età: essendo la materia in ogni caso frutto dell'umana fantasia, non vi sono dati esatti e dati errati, ma solo versioni più note e conosciute, di fianco ad altre rimaste nell'ombra per secoli. Il confronto ciritico tra di esse è di una ricchezza didattica inestimabile, nella misura in cui viene fatto esercitare in forma attiva ai discenti, piuttosto che essere imposto loro come dato di fatto da apprendere meccanicamente.

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Edurete.org Roberto Trinchero