Cause naturali:
Altri autori attribuiscono la principale responsabilità della povertà africana alle sfavorevoli condizioni naturali: la mancanza di risorse energetiche, le difficili condizioni climatiche, la scarsa produttività del suolo, la diffusione di gravi malattie, le condizioni geografiche non favorevoli, e così via.
A sostegno di questa tesi si evidenzia la difficoltà di coltivazione delle aree desertiche e poco fertili dell’Africa, la piaga di alcune gravi malattie, come la malaria e l’AIDS che hanno colpito milioni di persone, la difficoltà per molti stati dell’Africa continentale di accesso al mare, e quindi di partecipare attivamente agli scambi internazionali.
Tutto questo, però, non vale per la maggioranza dei Paesi arretrati, che risultano ricchi di minerali e di fonti di energia e collocati in aree non penalizzate sotto il profilo climatico o geografico. Diversi Paesi africani, ad esempio, possiedono ingenti giacimenti di petrolio, d’oro o di diamanti, ma nonostante ciò non sono riusciti ancora a superare la propria condizione di sottosviluppo.
L’eccesso di popolazione:
Una seconda fonte di sottosviluppo spesso posta in rilievo dagli studiosi è quella della pressione demografica. Un Paese non riesce ad affrancarsi dalla propria posizione di arretratezza, si afferma, perché la sua popolazione è permanentemente in eccesso rispetto alle risorse disponibili.
Se, infatti, il ritmo di crescita della popolazione è più rapido di quello delle risorse materiali a disposizione, la conseguenza sarà la miseria e l’arretratezza economica. Da qui la sollecitazione che i Paesi sviluppati rivolgono ai Paesi sottosviluppati a rivedere le loro politiche demografiche, adottando severe misure finalizzate al controllo delle nascite. A questa tesi se ne contrappone una di segno opposto, che ritiene che l’eccesso della popolazione non sia una causa, bensì un effetto del sottosviluppo. Sarà possibile ridurre il numero delle nascite soltanto dopo che il Paese abbia superato la propria condizione di arretratezza. I Paesi attualmente sviluppati, infatti, hanno un tasso di incremento demografico assai contenuto, ma nel passato esso era simile o persino superiore a quello oggi esistente nei Paesi sottosviluppati.
Il colonialismo:
Una causa che può spiegare la persistenza del sottosviluppo in molte aree del Sud del mondo è data dal colonialismo, ossia dalla dominazione di estese aree dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina da parte di poche potenze occidentali.
È giudizio comune che il colonialismo abbia causato danni incalcolabili, legittimando dapprima lo sfruttamento da parte di poche nazioni a scapito delle popolazioni di gran parte del pianeta, e lasciando successivamente una pesante eredità di degrado socio-economico e ambientale ai Paesi svincolatisi dal dominio coloniale. Le risorse naturali dei paesi colonizzati sono state oggetto di spoliazione, che ha arricchito il Nord del mondo e ha impedito al Sud di svilupparsi autonomamente.
Lo sfruttamento coloniale ah asportto dal territorio sottomesso quanto possibile e il più in fretta possibile, senza preoccuparsi di salvaguardare la fertilità dei suoli troppo intensamente coltivati, o di evitare di esaurire le risorse del sottosuolo o di creare benessere per le popolazioni sottomesse.
Il neocolonialismo:
Quando le colonie hanno ottenuto l’indipendenza, hanno mantenuto forti rapporti commerciali e politici con le ex madri patrie. Queste ultime hanno offerto aiuti, assistenza tecnica e sostegno finanziario, instaurando stabili rapporti commerciali. Tali forme di collaborazione hanno però permesso una prosecuzione dello sfruttamento,s ebbene in forme meno accentuate rispetto alle epoche coloniali.
In particolare si è assistito a un progressivo peggioramento della ragione di scambio dei Paesi arretrati, in favore di quelli economicamente più sviluppati. Se, ad esempio, per acquistare un trattore occorrono 50 sacchi di caffè, l’anno successivo è necessario offrirne 60 sacchi e l’anno dopo 70 e così via.
Inoltre, la maggior parte dei Paesi sottosviluppati ha una struttura produttiva orientata in netta prevalenza sulla monocultura. Ciò significa che l’intera economia si basa sulla produzione di un solo prodotto, per esempio il caffè, o il cacao, oppure su un’unica attività industriale, come quella del rame, dell’estrazione di pietre preziose, eccetera.
Questo particolare assetto fa sì che il Paese sia obbligato ad accettare le condizioni imposte dai Paesi ricchi con i quali commercia. Inoltre il Paese si trova esposto al rischio di imbattersi in una grave crisi economica, nel caso in cui la produzione di quel determinato bene dovesse crollare. Per esempio a causa di un cattivo raccolto.